mercoledì 5 maggio 2010

A MILANO SIAMO TROPPO AVANTI
















Niente da fare: Milano, la grande Milano, capitale del fare e dello sfilare,
è sempre un passo avanti. Anzi, per esser precisi, un passo dell’oca avanti a tutti. È che essere nazichic ormai è di tendenza: sarà il nero, sarà il look rasato e palestrato, sarà che, nel dubbio, meglio così che finire fighetti del Pdl o del Pd.

Mille tra ragazzotti e trentenni fascio nazi si presentano a porta Susa per ricordare le morti di Sergio Ramelli ed Enrico Pedenovi, militanti di destra uccisi negli Anni di Piombo, e di Carlo Borsani, repubblichino ucciso dai partigiani. E sfilano per Milano. A passo militare. Coi tamburi, per dire. Con le bandiere nere rosse e bianche con la croce uncinata. Cantando cori fascisti. Inneggiando al Ventennio. Autorizzati. Indisturbati.

Mille camerati: proprio così li chiama La Repubblica, e senza traccia di ironia. Duecento o poco più secondo la gente del quartiere, che incurante della solennità del momento cantava Bella Ciao. Ottocento secondo la Questura, che per una volta, stranamente, si avvicina alle cifre degli organizzatori. E uno si chiede: ma allora c’era, la Questura? No, perché ci sarebbe in sospeso quella faccenda dei reati di apologia del fascismo e tentata ricostruzione di partito fascista. Forse, data la presenza del consigliere provinciale del Pdl, Roberta Capotosti, i poliziotti hanno pensato che non facessero niente di male. Chissà che ne pensa la Milano Medaglia d’Oro della Resistenza. Ma via, avrà pensato la città del fare, basta conflitti. Ri-con-ci-lia-zione. Questa la parola d’ordine. Destra, sinistra. Partigiani, repubblichini: cosa cambia? Siamo tutti milanesi, via!

La Repubblica Sociale Italiana sceglieva i nazisti e la dominazione al posto della Liberazione? Inneggiava alle leggi fasciste, tra cui quelle sulla Difesa della Razza? Quelle che nel 1938 esclusero gli italiani “di razza ebraica” dall’esercizio delle professioni, dalla scuola, dalle università, dalle pubbliche amministrazioni; che ne limitarono il diritto di proprietà e ne confiscarono i beni; che poi portarono alla morte, nei campi di concentramento, oltre 7.000 uomini, donne e bambini italiani (ma ebrei)?

Ma via, era tanto tempo fa! Anzi, che diamine: è Storia. E la Storia sa di muffa. Mica abbiamo tempo di impararla, a Milano. A Milano si lavora, si pensa al futuro. Dev’essere per questo che, a furia di essere avanti, hanno fatto il giro. E ripetono le stesse cose.

A.B.

(immagine dal web)

2 commenti:

  1. Non c'entra con il post, ma vi segnalo questo, in caso lo volete investigare http://torino.repubblica.it/cronaca/2010/05/07/news/guerra_al_burqua-3879369/

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