giovedì 30 settembre 2010

Saluti da Milano, Pozzo di Scienza

Disabili: a scuola o no? Se l'avessero chiesto a noi Intolleranti, che farne, non avremmo potuto attingere a tanta scienza. La nostra nave dell'ingegno, diciamo con Dante, non ci assisterebbe in così arduo compito.

Per fortuna, abbiamo Buoni Maestri.

Il primo viene da Chieri, provincia di Torino e si chiama Giuseppe Pellegrino. Incidentalmente, sarebbe l'Assessore all'Istruzione e alla Cultura. Le sue dichiarazioni riportate da un cronista de La Stampa aprono il dibattito: “Lasciarli in classe con gli altri è inutile. Disturbano e non imparano nulla”. Dinanzi alle reazioni dei genitori dei ragazzi disabili, rincara con “Ho detto solo quello che pensano tutti”, poi convoca una conferenza stampa per dire “Sì, assolutamente sì ai disabili a scuola” - anche se sembra proprio che il suo sia un : i disabili “psichici”, per esempio, meglio di no.

Bene! Basta con gli psichiatri che studiano la psiche e gli educatori che educano e gli insegnanti di sostegno che sostengono e i genitori fannulloni. Il Verbo è dell'Assessore: lui sì che sa di cosa parla.

Attenzione, però, arriva il secondo Buon Maestro. Anzi, un Professore. Di Armonia, al Conservatorio di Milano. Incidentalmente, militante leghista. Si chiama Joanne Maria Pini. Esperienza insegna che, in un dibattito su Facebook che scivola stancamente nel politically correct, a un certo momento c'è chi finalmente si alza e la canta chiara a tutti gli altri, non temendo d'esser scomodo. E dice: “Alla rupe Tarpea, bisognerebbe tornare. Altro che balle”. Poi ritratta. Dice “Hanno fatto un patchwork delle mie dichiarazioni. Chi mi conosce lo sa, sono un burlone”.

Peccato. Abbiamo imparato tanto, da questa straordinaria lezione. Per esempio, che la Rupe Tarpea a Roma non è la rupe da cui si gettavano i traditori condannati a morte. Che il Monte Taigeto, luogo in cui i prodi Spartani avrebbero gettato i neonati deboli o malati o difformi, non è una leggenda senza alcun fondamento storico, ma un ragionevole metodo di selezione naturale.
E che se dici in pubblico delle castronerie similnazi puoi sempre dire che è la nobile arte del provocatore.

Cotali Maestri ci perdoneranno se nel sostenerli ci spingiamo un po' più in là, citando dotte pene: cappe di piombo dentro e dorate di fuori per gli ipocriti, fuoco biforcuto per i consiglieri fraudolenti, spade che straziano e mutilano per i seminatori di discordia.

Unico rammarico: Dante non prevede nulla per i pericolosi imbecilli.

A.B.

Nella foto dalla Rete, il "luminare" Josef Mengele

mercoledì 22 settembre 2010

Take my breath away a Pignataro


Ve la ricordate Kelly McGillis? La bionda mozzafiato (Take my breath away, cantavano i Berlin nella colonna sonora) istruttrice del Top Gun Tom Cruise? Conturbante Amish in Witness al fianco di Harrison Ford? Ecco, si è sposata. Con la sua fidanzata.

Erano sposati anche i due trentenni inglesi in vacanza a Pignataro Interamna, un paesino di 2500 anime in provincia di Frosinone, picchiati a sangue perchè si baciavano su una panchina alla locale Festa della Birra. Anche loro erano dello stesso sesso.

Il gruppo di aggressori, che i Carabinieri cercano di individuare grazie alle testimonianze dei partecipanti alla manifestazione, avevano schifo a vedere due uomini che si baciano. Mentre avrebbero probabilmente pagato il biglietto - sospettiamo - per vedere la bella Kelly, icona sensuale negli anni '80, limonare duro con la sua compagna. Magari una scena terribilmente arrazzante come in The Monkey's Mask, in cui è l'amante della detective interpretata da Susie Porter.

Certo, le due situazioni non sono da paragonare: da un lato ci sono due sconosciuti uomini a cui deve essere impedito di mostrare affetto l'uno per l'altro in pubblico – non sia mai che queste cose diventino tollerabili ai più, anzi addirittura normali. Fossero almeno stati glam, e veri italiani come, tanto per dire, i Dolce e Gabbana che piacciono tanto alla Milano che conta.
Dall'altro, una donna affascinante ex star system che, dopo un coming out da copione, può godersi la propria relazione e continuare quella ricerca della felicità che, sia detto tra parentesi, là è garantita per Costituzione. Tutto un altro film.

Anche perché, a differenza di ciò che accade nella perfida Albione, in Italia neanche i due guru della moda avrebbero potuto essere uniti in (blasfemo) vincolo di matrimonio e men che mai pensare a farsi una famiglia.

Per dare un'idea dell'altissimo profilo del dibattito in Italia, di contro al superficiale laicismo permissivista anglosassone, daremo conto delle dichiarazioni – altrettanto mozzafiato - del Sottosegretario alla Famiglia della Repubblica Italiana, Carlo Giovanardi, che proprio lo stesso giorno è intervenuto sul tema delle adozioni da parte di genitori omosessuali: “Là dove le adozioni da parte di coppie gay sono consentite, come negli Usa, ma anche in Brasile - attacca Giovanardi - è esplosa la compravendita di bambini e bambine. È una cosa che almeno con questo Governo non consentiremo mai e che voglio qui denunciare".

A.B.

foto dalla Rete

lunedì 6 settembre 2010

I CORSARI DI TRADATE




















Come Mompracem, Tortuga e Port Royal, Tradate. Parola di Stefano Candiani, sindaco leghista di questa cittadina del varesotto, solcata da spregiudicati corsari dell'anagrafe che pensano di ottenere benefici solo per il fatto di risiedere sul nostro territorio”. A questi avidi predoni non basta lavorare nelle nostre fabbriche, scrostare i nostri cessi, badare ai nostri vecchi: hanno l'ardire anche di riprodursi impunemente sul nostro territorio, per di più con un tasso molto più elevato di noi autoctoni. Di questo passo il popolo italiano (padano? tradatese?) rischia l'estinzione. Per fortuna il sindaco ha la soluzione, che fa approvare nel 2007: un bonus bebè di 500 euro. Ma non per tutti i nuovi nati da genitori residenti regolarmente a Tradate (italiani, comunitari ed extracomunitari): il bonus è riservato ai bebè di genitori entrambi italiani o residenti da almeno 5 anni nel Comune.
“Bisogna dare una priorità a chi è da più tempo sul territorio e paga da sempre le tasse a Tradate”, argomenta l'assessore al bilancio Davide Fratus (sempre Lega Nord), che aggiunge: “È uno sprono alla buona integrazione, piano piano si aggiungono così nuovi diritti per chi diventa cittadino tradatese“.
Malgrado tanta buona fede, alcune associazioni, non convinte, presentano ricorso. Nel 2009 il Tribunale di Milano si pronuncia: come già negli analoghi precedenti, l'ordinanza è ritenuta evidentemente discriminatoria, e il bonus deve essere esteso ai figli di tutte le coppie residenti.
Candiani ha deciso invece di sospenderne l'erogazione, e di ricorrere in appello. Nel documento relativo si legge finalmente la vera e lungimirante motivazione del bonus, cioè “contrastare il forte tasso di calo demografico e l'invecchiamento della popolazione autoctona. (...) alla morte dei popoli si accompagna la morte delle rispettive culture. Il bonus attiene al futuro della cultura europea indissolubilmente legata ai popoli dell'Europa meridionale.”

(Nell'immagine, l'Osservatorio Astronomico di Tradate, molto utile anche per avvistare i corsari in avvicinamento)

sabato 28 agosto 2010

GIOCHI DA SPIAGGIA A CIVITANOVA MARCHE




















Voi da bambini come vi divertivate in spiaggia? Gara di biglie? Castelli di sabbia? Aggiornatevi, i tempi sono cambiati: lo spunto per un nuovo passatempo balneare per i nostri figli ci viene dal litorale di Civitanova Marche (MC), testimone una giornalista ANSA.
Un venditore ambulante originario del Bangladesh, forse stanco di tanto ambulare, si siede a riposare su una sdraio dello stabilimento Golden Beach.
Qui viene circondato da cinque ragazzini di 10-11 anni, figli di clienti dello stabilimento. Non vogliono comprare niente. Gli dicono: "Alzati da qua, vattene, questa è proprietà privata!". E anche: "Amigo vattene, vai a vendere fuori da qua. Questa roba l'hai rubata".
Lui non risponde. Ci sono spinte, calci contro la sdraio, uno forte allo schienale che colpisce la schiena dell'uomo. A questo punto lui si alza e se ne va, dicendo: "Bad people".
Nessuno intorno interviene.
Poco lontano, sotto l'ombrellone, un gruppo di adulti, probabilmente i genitori, stanno a guardare e ridono.

venerdì 6 agosto 2010

BUONE VACANZE DAGLI INTOLLERANTI

















Che seccatura, la coda in autostrada! Che palle, questi incidenti, i camionisti morti, e soprattutto i mezzi che si incendiano e sciolgono l'asfalto! Ci mancano solo gli operai che risistemano il manto stradale: così la coda si allunga ancora di più. E allora facciamo anche noi come gli automobilisti che passavano martedì sull'A4 all'altezza di Monastier (TV): giù il finestrino, e tiriamogli quattro accidenti, a 'sti stronzi col giacchino arancione, insultiamoli, sputiamogli! Forse la coda non diminuirà, ma ci sentiremo subito meglio.


Buon viaggio e buone vacanze dagli Intolleranti.

(Nell'immagine Alberto Sordi si rivolge ai lavoratori - "I Vitelloni", 1953 )

giovedì 22 luglio 2010

SPRESIANO (TV) / IL PIAVE MORMORO'...














...non passa il culattone, potrebbe cantare Riccardo Missiato, sindaco di Spresiano (TV), parafrasando la nota Canzone.
Ex DC, eletto con una lista civica trasversale, Missiato ha varato l'iniziativa "Estate sicura": cioè, tra l'altro, transennare una zona sul greto del Piave divenuta luogo abituale di prostituzione, contestando reati di divieto di sosta e atti osceni, al fine di riportare sulle rive del glorioso fiume decoro e morale. A ledere questi valori legittimamente invocati, par di capire, però, non è il mercimonio sessuale in sè, bensì specialmente i rapporti carnali di tipo omosessuale.
Il sindaco è un vero esperto in materia (“Sono stato a verificare, li ho visti che si appartavano“) e quindi lasciamo che sia lui a scrivere questa cartolina dalla sua città.



“I gay sono malati e deviati(va bè, non vale, l'aveva già detto la Binetti. E poi se non possono andare in paradiso, e ora neanche in alcuni ospedali a donare il sangue, un motivo ci sarà. )
“Hanno bisogno di aiuto psicologico(dovesse fallire resta sempre l'esorcismo).
“Dobbiamo scoprire dove sono e identificarli(Ci permettiamo di suggerire l'intramontabile triangolino rosa sulla giacca, è chic e non impegna).
“...e se sono clandestini devono venire espulsi.” (reato di clandestinità con aggravante di frocerìa, prendano spunto i legislatori).
“I gay non devono invadere la libertà altrui” (Lo dice anche la Costituzione: la Repubblica Italiana è fondata sulla libertà di essere esclusivamente eterosessuali).
"Questa non è la prostituzione femminile, questa è maschile e non può passare inosservata.” (Giusto: i puttanieri etero potrebbero rimanere turbati da tanta impudicizia): “Dobbiamo recuperare certi valori e la nostra morale.”

Virgolettati di Roberto Missiato; corsivi di F.V.

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AGGIORNAMENTO 26/7/2010
Dopo la marea di attacchi e polemiche (anche dall'interno della sua stessa Giunta) per le recenti frasi discriminatorie, il sindaco chiede scusa:
"...mi è sfuggita una frase senza senso, una parola che ha cambiato il mio messaggio". Fosse una.


(immagine dal web: ponte sul Piave a Lovadina, comune di Spresiano)

mercoledì 14 luglio 2010

CONSIGLI DI VIAGGIO PER SIGNORA: MONTALTO DI CASTRO (VT)













Signore e signorine, se quest'estate volete trascorrere vacanze pepate, gli Intolleranti sono qui a consigliarvi una méta ideale per la villeggiatura. Non parliamo di concupire torniti mulatti abboffandosi di mojito in qualche villaggio tropicale all included: in questi tempi di crisi è roba per pochi. No, si tratta di una soluzione davvero nostrana e alla portata di tutte le tasche: un soggiorno nella patria dei latin lovers d.o.p., che, a dispetto del nome, non è in provincia di Latina, bensì di Viterbo: precisamente nella parte costiera della Maremma Laziale, a Montalto di Castro.

Purtroppo però tra le femmine montaltesi c'è chi non sa apprezzare tanto ben di dio...Prendiamo, ad esempio, quel che è accaduto il 31 marzo 2007 a una quindicenne della ridente località: dopo una festa in pineta, la fortunella è stata oggetto di attenzioni sessuali da parte di un gruppo di ben otto giovani suoi compaesani. C'è chi pagherebbe per questo, e invece cos'ha fatto l'ingrata? Li ha denunciati per stupro! I magnifici otto hanno ammesso che la ragazza non era consenziente alle loro prestazioni, e questo purtroppo ha creato loro dei guai con la retriva giustizia italiana.

Per fortuna la popolazione di Montalto compatta è insorta in difesa di quei bravi ragazzi stigmatizzando davanti a stampa e TV l'utilizzatrice finale (non chiamiamola vittima!) dello stupro, nota ragazza facile, come testimonia anche il fatto che la sera del 31 agosto indossava nientemeno che una minigonna nera. Nel collegamento della trasmissione Domenica Cinque del 9 ottobre 2009 l'unica voce dissenziente è stata quella della signora Iride Allegri, prontamente insultata in diretta nazionale dai concittadini.

Le istituzioni locali, dal canto loro, non sono state a guardare: il sindaco Salvatore Carai (PD), forse anche perchè strettamente imparentato con uno di loro (e la famiglia, si sa, è un valore da difendere), ha rapidamente provveduto a stanziare 20.000 euro di fondi pubblici per le spese legali degli otto perseguitati. Anche se poi il finanziamento è stato ritirato in seguito alle polemiche, il messaggio è chiaro: Montalto non ti castra, anzi, ti premia!

Sperando che questi atteggiamenti incentivino l'emulazione di altri giovani leve, signore mie, vi diamo un consiglio: sbrigatevi! Infatti in ottobre 2009 il processo è stato sospeso, e i giovani affidati in prova ai servizi sociali per un percorso di reinserimento, a Montalto. Che significa questo? Che recandovi là quest'estate potreste avere la fortuna di imbattervi proprio negli otto originali! Ma fate presto, perché la Corte di Cassazione ha deciso recentemente di riaprire il processo, ripreso la settimana scorsa. Allora donne che aspettate? Indossate la vostra minigonna più bella, e via, a Montalto! Roba da giovani, sospireranno le più agée tra le nostre lettrici. No, care, non disperate: a Montalto il fiuoco scorre nelle vene a tutte le età. Vi basti infatti, come assaggio del genius loci, questo commento di un vispo settantatreenne montaltese sulla vicenda: “Se avessi avuto tredici anni mi sarei messo in fila anch'io!”

F.V.

(immagine: butteri della Maremma Laziale, dal sito del Comune di Montalto di Castro)


martedì 6 luglio 2010

PENNETTE TRICOLORE A REGGIO EMILIA


«Ha figli anche lui, impossibile che si sia comportato male. Forse è intervenuto perché i clienti l'hanno sollecitato a capire cosa stesse accadendo». Forse i clienti non hanno figli, viene da pensare, quei figli che so’ pezzi ’e core in questa italietta da soap opera.

In un centro commerciale di Reggio Emilia, città natale del Tricolore, una bambina autistica che stava consumando il pranzo assistita dalla sua terapista è stata invitata ad andarsene da un addetto alla sicurezza, con la motivazione che la sua permanenza stesse allarmando la clientela.
A questo è seguito l’intervento della madre della bambina, una denuncia ai Carabinieri, la difesa dell’addetto da parte della direzione del centro commerciale, le dichiarazioni del responsabile della cooperativa a cui la terapista fa riferimento.

Al di là del prevedibile copione, è il secondo fatto nel giro di poche settimane che ci parla di una diversità, quella del disagio mentale, così mal tollerata da diventare allarmante.
Proporremo allora un esercizio utile a comprendere cosa sia e cosa non sia allarme, nei nostri tempi in cui si pretende che il diverso sia uguale ma non si precisa a chi si debba essere tutti uguali: mettiamoci nei panni dell’altro. Come?
Facendoci qualche domanda: perché l’altro sta facendo così? Cosa vuole dirmi? Cosa farei io nei suoi panni? L’empatia non si può insegnare ma le buone maniere sì, e qualche stratagemma può essere utile per aprire uno spiraglio di pensiero.

L’autistico deve avere il controllo dell’ambiente intorno a lui, non è capace di gestire le incertezze o i cambiamenti e quando ciò accade non se ne sta zitto, non ha risorse interne per tollerare. Manifesta il disappunto, un disappunto che può urtare la sensibilità del passante o della casalinga che fa la spesa.
Un disappunto che è, però, materia di riabilitazione, che va accolto, masticato e riconsegnato al legittimo proprietario, non censurato e nascosto sotto il tappeto. Il passo evolutivo spetta al mondo degli adulti.

Oggi camminavo per una via pedonale del centro storico e ho incrociato un adolescente che cavalcava la sua bicicletta. Era contento di poterlo fare, lo si capiva perché nitriva. E qualche sorriso spontaneo è affiorato alla bocca dei passanti.

L.C.

Reggio Emilia, 1950: immagine di Stanislao Farri, dal calendario Avis Università.

lunedì 28 giugno 2010

NAPULE MILLE CULURE


Ridono, le ragazzine. Napoli, esterno giorno, Mergellina: un gruppetto di ragazzini adolescenti aggredisce due filippini che passano di lì. Uno sgambetto cattivo, un labbro rotto, gli insulti. Fanno i grossi, minacciano. E loro, le loro ragazze, giù a ridere. Poi però i filippini se ne vanno con l’idea di sporgere denuncia e allora la ghenga non ride più, parte la caccia. Arrivano le minacce: “Se ci denunciate vi tagliamo la testa”. E le botte: pugni e calci.

Nella cronaca, i ragazzini che scimmiottano i grandi nel controllo del territorio si beccano l’appellativo di baby gang, l’episodio è una “bravata”, un delitto del “branco”. Resta tutto confinato nella retorica dell’età ingrata e della noia e dei disvalori che ammorbano le coscienze.
Eppure qualcosa dovrebbe far suonare un poco d’allarme, nella Napoli rossa del fuoco delle molotov che arsero i campi rom di Ponticelli.

In quella azzurra, o nero vestita, che da destra cavalca l’immigrazione per interesse o mero calcolo elettorale. Come Pietro Diodato di AN, che in via dell’Avvenire incitava alla cacciata degli immigrati e intanto si interessava alla compravendita immobiliare di quegli stessi palazzi. Accadde tra l’estate e l’autunno del 2008 in quel ghetto nel ghetto che è Pianura.

C’è la Napoli nerissima e rasata che sempre nel 2008 se la prende con un ragazzo italiano di origine etiope al grido di “negro di merda”. Quella incognita dell’avvertimento in stile vodoo-partenopeo al Museo d’arte contemporanea di Casoria. Quella incolore dei caporali che li usa come manovalanza a basso costo, quella mimetica che li assolda per i suoi traffici criminali.

C’è per fortuna di tutti anche la Napoli della Afro-Napoli United e della United Colors of Napoli, che sui campi minori giocano a calcio in formazione arcobaleno.

Mille Napoli diverse perché sul corpo dei migranti, ossia i più poveri tra i miseri, passa il controllo del territorio. Meglio di tante parole, lo dice la canzone, che dopo Napule è mille culure fa: Napule è mille paure.

A.B.

Immagine dalla Rete

martedì 22 giugno 2010

SE SEI BELLO TI TIRANO LE PIETRE

Capita a Roma caput mundi, che un ragazzino autistico sia costretto a subire angherie, soprusi e violenze. A scuola, non per strada. Non vittima del bullismo, bensì dell’insegnante, che per tenerlo calmo gli lanciava il banco contro, che per non farlo muovere gli si sedeva sulle ginocchia.

Già, l’autismo. Quello interpretato da Dustin Hoffman in Rain Man e quello raccontato da Mark Haddon ne Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte. Ma anche quello che rende impossibile comunicare con il tuo vicino di banco, che impedisce a un ragazzino di rincorrere il pallone e i suoi amici, che rende odiosa e faticosissima per un’insegnante la gestione di una classe elementare, che subordina l’interazione a una serie di riti e a una routine apparentemente senza senso. Quella brutta bestia lì.

Capita che nella Babele dei linguaggi occorra conoscere più lingue, per entrare in relazione con tutte le persone; e non dimenticare che una relazione può anche essere silenziosa. In fin dei conti, se tu non sai “stare” in classe e io non so tollerare che in classe non ci sai stare, abbiamo entrambi un limite che coincide con il nostro punto di incontro e che diventa un problema nella lingua franca dello stare insieme.

Troppo facile criticare la riforma della scuola, la Gelmini, il basso livello delle offerte formative (per chi, domani, dovrà formare a sua volta) e i tagli economici. Un'attenuante, forse, ma non certo un alibi. L’alibi non farebbe che rinforzare lo stigma contro cui il pensiero del fare assieme si batte, quello che ti fa allontanare il diverso, anche se ha 8 anni, quello che non ti fa entrare in relazione con lui, quello che copre di silenzio assordante e costringe alla marginalità. Quello che lascia un’insegnante senza strumenti per gestire le fatiche, l’impreparazione, le frustrazioni di una “comunicazione a senso unico”.

Capita altrove, invece, che pazienti psichiatrici e persone con disagio psichico facciano i volontari per assistere disabilli, crescendo insieme e aiutandosi, ognuno con la propria lingua, imbastardita dai termini di una relazione che sembrava impossibile.

L.C.

Immagine dalla Rete.

martedì 8 giugno 2010

MAMMA ROMA
















Le brillano gli occhi. E sorride. Anzi, ride. Proprio come un'italiana quand'è felice. Eppure racconta cose terribili. Cose che avrebbero steso Maciste. Un po' hanno steso anche lei, a dire il vero. Un tempo. Ora è passato. Ora si può raccontare. Soprattutto perché ora Emanuela Valente, la protagonista di un episodio di mobbing clamoroso e poi di un calcio nel sedere in un certo senso pure più clamoroso, ha trovato un orecchio che l'ha ascoltata: quello di Concita De Gregorio. Concita, direttore dell'Unità, ha acconsentito a pubblicare
la storia di Emanuela. Da allora molti sembrano interessarsi a lei e al suo "caso". Emanuela, in effetti, si è macchiata di una colpa gravissima: ha avuto un figlio, cosa che le è costata la carriera, poi, addirittura, un secondo, e con questa seconda ignominia si è giocata il posto. A cacciarla, prima un onorevole, si fa per dire ma così si chiamano: la Valente aveva lavorato sette anni come assistente parlamentare, districandosi tra interrogazioni, dispacci della Camera e del Senato. Altro giro, altro regalo: Emanuela è brava e, a Roma, c'è chi l'ha notata. La reclutano per organizzare un convegno: donne e lavoro, tema che le calza come un guanto. L'iniziativa è un successo, partecipano donne di ogni schieramento politico, tutti sembrano felici e contenti. Macché, Emanuela si adopera, molto, ma non abbastanza, secondo i leader, soprattutto donne va sottolineato: deve essere più disponibile e una donna con famiglia non lo è abbastanza. Ergo Emanuela viene messa nuovamente alla porta. In barba ai discorsi appena tenuti al convegno.
Normale, in un paese dove ministre mamme senza arte né parte ritengono il congedo di maternità un privilegio. Sono le reazioni della Casta, si potrebbe commentare: tutte uguali. O quasi. Fa eccezione, per esempio, Manuela Ghizzoni, deputata Pd, che in questo post sintetizza e commenta quel che della Valente pensano donne che non siedono in Parlamento né, tantomeno, in Consiglio dei Ministri:
"Non capisco perché una donna che ha deciso di diventare madre pretenda poi di continuare a lavorare".
"Non capisco perché una donna che vuole lavorare decida di avere dei figli".
"Non capisco perché una donna che ha dei figli li lasci a casa con una babysitter".

"Non capisco perché andare a lavorare quando poi tutto lo stipendio viene preso dalle tate e i figli crescono senza una madre".
Anch'io non capisco. Un mucchio di cose. Per esempio: non capisco dove sia finita la solidarietà femminile. Anzi, no, non capisco dove sia finita la solidarietà tout court.
A furia di pedate Emanuela se ne è andata. Dal primo, dal secondo lavoro, infine dall'Italia. Ora di figli ne ha tre, ma la famiglia ha lasciato Roma: i cinque vivono a Parigi. E il sorriso, guarda caso, è tornato.

P.V.

(nell'immagine, dalla rete, Lupa Capitolina, scultura in bronzo prob. III sec. A.C.; gemelli aggiunti dal Pollaiolo nel XV sec.; Musei Capitolini, Roma)

martedì 1 giugno 2010

ROMA CITTA' APERTA (MA NON AI FROCI)














E' rischioso essere gay nella capitale d'Italia e della cristianità: nel 2005, in un parco del quartiere di Montesacro fu ucciso in modo atroce, perché omosessuale, Paolo Seganti. E numerose negli ultimi anni sono state le aggressioni di matrice omofoba denunciate: nove solo da settembre scorso.
L'ultima pochi giorni fa: un ragazzo di 24 anni è stato picchiato a sangue in via Fagutale. Tornava da una festa al Coming Out (un locale di S. Giovanni in Laterano, la Gay Street romana già dal 2007), quando è stato aggredito a pugni e calci da quattro o cinque giovani, parola d'ordine: “Frocio di m...”.
Dopo l'aggressione, privo di conoscenza e col volto sanguinante, il ragazzo è stato soccorso da due amici: che in un bar nei paraggi si sono visti negare persino dei fazzoletti di carta per tamponare il sangue. Ricoverato d'urgenza in ospedale, il ragazzo ha riportato tagli e contusioni al volto che si è temuto potessero fargli perdere un occhio.
Ora rivolge un appello al Governo perchè, al di là dei proclami di condanna, realizzi al più presto una legge anti-omofobia.
(Nell'autunno 2009 la deputata PD Paola Concia aveva presentato alla Camera una proposta di legge volta a "rendere più aspre le pene per i reati commessi per odio verso omosessuali, lesbiche e transessuali", analogamente a quanto avviene per i reati di stampo razzista. Il disegno, avversato dal Vaticano, fu respinto da UDC, Lega e -tranne eccezioni- PDL. Votò contro anche Paola Binetti, allora deputata PD, poi passata all'UDC).

F.V. (e grazie Rita)

(Immagine dal blog Attualizzando
http://attualizzando.wordpress.com/2009/09/02/bombe-antigay-a-roma/)

venerdì 28 maggio 2010

Auguri e figli maschi da Poggio Rusco (MN)
















“Ti taglio la testa e la sotterro in giardino”
, le diceva il padre Ahmet Kelet. E insieme all'altro figlio,Umit, la picchiava.
Perchè lei, una ragazza turca di diciotto anni, usciva con un ragazzo italiano: dunque non si comportava –secondo la regola paterna– da buona musulmana.
Le violenze vanno avanti per molto tempo, finchè il 25 aprile le botte fanno più danni del solito, e la ragazza deve ricorrere all’Ospedale.
Le Istituzioni reagiscono: arrestati padre e fratello, accusati di una serie di reati legati ai maltrattamenti ripetuti e aggravati, fisici e psicologici, con “l’aggravante dell’odio etnico, nazionale, razziale e religioso”.
Il 16 maggio, dopo aver incontrato segretamente la madre – lei stessa vittima di maltrattamenti - per un rapido addio, la ragazza viene trasferita in una struttura lontano da Poggio Rusco, da casa sua, dalla famiglia. Non potrà tornare più, per non subire probabili ritorsioni.

Cose turche? No.
Era marocchina Sanaa Dafani da Azzano Decimo, Pordenone, uccisa dal padre.
Pakistana Hina Saleem da Sarezzo nel bresciano, uccisa dal padre (con svariate complicità all’interno del nucleo familiare).
Marocchina anche Amina, che a Prato riesce a uscire dal tunnel dei maltrattamenti grazie ai professori della scuola.
E' di Catanzaro, invece, Felice Melchiorre: sorprende la figlia diciassettenne col fidanzato rumeno e la riempie di botte. L'altro figlio in questo caso non dà man forte a papà, però chiude la madre in una stanza per impedirle di soccorrere la ragazza. Oggi Felice Melchiorre è agli arresti domiciliari. Sua figlia vive col fidanzato.

In Italia (ISTAT 2006) 1.150.000 donne dichiarano di avere subito almeno una violenza negli ultimi dodici mesi.
Un omicidio su 4 avviene in famiglia. E 7 vittime su 10 sono donne. (Eures, 2004)
Ricorda l'Associazione Nondasola, che dal '95 si occupa di violenza domestica sulle donne, che questa “è un fenomeno trasversale: non è riconducibile a particolari fattori sociali, né economici, né razziali, né religiosi. La violenza domestica risponde alla volontà di esercitare potere e controllo sulle donne. ”
La violenza domestica come la percepiamo, in Italia è un fenomeno relativamente recente: nel senso che prima degli anni '70 “le percosse, i ricatti, gli insulti, le minacce e le privazioni economiche ai danni della moglie o dei figli venivano considerati normali conflitti familiari se non addirittura mezzi di giusta correzione, riprovevoli solo se in eccesso, ma pur sempre fatti privati”. (CADOM)
Tuttora (ISTAT 2006) solo il 18% delle donne considera la violenza subita in famiglia un reato. Tanto che persino le donne istruite ed emancipate hanno spesso notevoli resistenze a rivolgersi a istituzioni, associazioni, o persone a loro vicine per cercare aiuto e denunciare le violenze subite dai propri stessi familiari.
Allora come trovare questa forza se si è isolate, non integrate, e si percepiscono le istituzioni e la società come ostili o indifferenti?

A.B., F.V.
(immagine: lo stemma del Comune di Poggio Rusco; dalla rete)

giovedì 27 maggio 2010

Fashion Victims / 3: moda da paura a Udine

Di nuovo sulla passerella delle notizie nazionali, il burqa/niqab – insomma il velo islamico integrale. Invidioso dei successi di Novara, Capitale del Burqa, un walker furlan ranger della Lega ha intercettato e fatto identificare dalla Digos la moglie di un ingegnere in stage presso un’azienda locale, per altro a spasso con il marito e il bimbo nel passeggino. Motivo? Si dirigeva verso il Duomo, obiettivo sensibile, indossando un velo integrale.

Non vogliamo togliervi suspense, anticipandovi il racconto dell’eroico consigliere leghista Luca Dordolo (Amazing! Thrilling! Sensational!) intervenuto perché ha visto “Un bambino correre via spaventato”.

Però annotiamo per una volta due reazioni finalmente sensate. Una, quella del sindaco Furio Honsell, che i più ricorderanno nelle vesti di matematico appassionato di indovinelli a Che Tempo Che Fa, ospite di Fabio Fazio: “Chiamare la Digos non mi sembra un esempio da imitare. La polizia è impegnata a garantire la sicurezza su fronti ben più problematici”.

La seconda è del segretario Regionale del Prc che, con buon senso e pragmatismo friulano, dice: “In città ci sono diverse associazioni, tra cui le Donne in nero, che si occupano di questo”.

A.B.

Nell'immagine dalla Rete (svagoedintorni.net), l'obiettivo sensibile.

domenica 23 maggio 2010

Un calcio in faccia da Torino

C’è chi nell’aristocratica Torino sfugge all’odioso stereotipo del piemontese falso e cortese. Sono anzi piuttosto diretti, e in effetti un poco rudi, gli ultrà della curva della Juventus, a cui un nuovo e curioso rito tra tifo e vodoo impone di saltellare per porre fine alla (pur breve) esistenza di un calciatore avversario.

Razzismo? No, a sentire l’ex allenatore Ciro Ferrara. Infatti il problema non è che Mario Balotelli, l’impetuoso talento protagonista del recente scambio di insulti con Francesco Totti – episodio che ha spettinato persino la flemma del Presidente della Repubblica – è nero, ma che è interista.
Ora: gliela avremmo data anche per buona, considerando l’attenuante d’aver subito per anni cori razzisti antinapoletani. Il problema è che l’insulto a sfondo razzista non cessa di essere razzista perché è un insulto, e insulto detto nella curva di uno stadio.
E comunque pare difficile credere che non sia a sfondo razzista il coro, certo non un’invenzione né un’esclusiva bianconera, che modula più o meno: “Non esistono neri italiani”.

Come Balotelli, altri calciatori hanno subito lo stesso trattamento: dall’insulto ai versi di scimmia, fino alla fine del campionato. La società, carica di multe e (si spera) di vergogna, ha tentato da un lato di minimizzare e dall’altro ha puntato sulle proprie iniziative di social marketing, come quella, comunque encomiabile, condotta per l’Unesco.

Sarà l’anno particolare della Juventus, sarà che gli ultrà non usano sottilizzare sull’aspetto socioculturale dell’insulto o dello striscione (in trasferta a Bari è comparso anche il poco originale: “25 aprile festa degli infami”), sta di fatto che persino gli juventini Momo Sissoko e Jonathan Zebina sono incorsi nell’invettiva anti-coloured.

Detto e premesso che non è certo richiesto alle curve di somigliare alla Camera dei Lord, in un mondo sportivo in cui i tifosi considerano l’avversario un nemico da abbattere o tifano addirittura platealmente per gli avversari (fino a minacciarti se non perdi, pare), c’è qualcosa che non può essere considerato tollerabile. Come se lo stadio fosse una realtà extra territoriale.

Magari avrà anche ragione chi dice che la razza o il colore sono solo pretesti. Ma allora, la razza da annientare qual è, quella del perdente?

A.B.

Immagine dalla Rete.

venerdì 21 maggio 2010

Milano-Rom(a)


Ho visto anche degli zingari felici, cantava Claudio Lolli un milione di anni fa. Ne ho visti anch'io: nei film di Kusturica. A Milano raramente. Per non dire mai. Ieri, poi, più che felici erano incazzati. Incazzati neri. Almeno quelli del campo -parola che quando indica uno spazio abitato da essere umani evoca quasi sempre orrori- di via Triboniano.
Avevano previsto di recarsi in delegazione a Palazzo Marino per protestare contro lo sgombero del campo rom, il loro campo. Peccato che non siano riusciti ad allontanarsi granché da casa: gli agenti di polizia, in assetto antisommossa, hanno bloccato loro la strada e gli scontri sono divampati in via Barzaghi.

I racconti sulla vicenda divergono: Il Giorno per esempio sembra suggerire che il torto stia tutto da una parte sola. Quella dei rom, naturalmente. Sul sito Milano Today, quotidiano on-line di informazione, si legge una dichiarazione decisamente più conciliante: “Lo scontro non serve a nulla così come certe dichiarazioni che addebitano responsabilità ai rom e che inaspriscono solo gli animi”. Peccato che a dirlo non sia il vicesindaco De Corato, responsabile degli sgomberi, ma gli operatori della Casa della Carità, che svolgono servizio di assistenza ai rom di via Triboniano. Mentre su Youtube circola questo video, piuttosto confuso, al termine del quale si vede un uomo leggermente colpito alla testa.

In ogni caso maggio sembra essere un mese poco propizio ai Rom. Una ventina di giorni fa, in un’altra regione d’Italia, ai controllori della linea Roma Tiburtina-Avezzano viene chiesto, fortunatamente invano, di “Segnalare eventuali passeggeri di etnia rom che salgano sui treni delle Ferrovie dello Stato; riportare i dati anagrafici dei suddetti rom nell’apposito formulario; trasmettere alle autorità competenti la segnalazione per i provvedimenti del caso”, praticamente un proclama razziale.

Domani potrebbero chiedere loro di cucire sul bavero un bel triangolo nero, caso mai qualcuno dovesse sfuggire alla cernita. Si tranquillizzino comunque i tifosi milanisti, nessun timore per Andrea Pirlo: pare sia di origine sinti e non rom.

P.V.

Immagine dalla Rete

venerdì 14 maggio 2010

FASHION VICTIMS/2 : USI E COSTUMI DI VERONA
















Con la bella stagione alle porte, ci pare giusto dare anche noi, come il sindaco di Verona, qualche consiglio in materia di swimwear.
A giugno 2009, alle piscine “Santini” di Verona, una donna musulmana è entrata in vasca con indosso un burquini® (il costume da bagno che copre interamente il corpo, comprese gambe, braccia e capo, lasciando scoperto il viso: permette alle donne musulmane di frequentare spiagge e piscine pubbliche e di nuotare comodamente, senza contravvenire ai loro precetti religiosi). Alcune mamme hanno lamentato col direttore dell'impianto che i loro bambini ne erano spaventati, e lui ha avvicinato la donna per verificare che il costume fosse a norma. La bagnante non è stata allontanata, poichè, anche secondo la responsabile delle piscine comunali veronesi Silva Polo, non ne sussiteva motivo. D'altro avviso il sindaco Flavio Tosi (Lega): «Quando si va in un Paese diverso dal proprio è giusto adeguarsi agli usi e costumi di chi ospita (...) chi viene in piscina, sia cristiano o musulmano, induista o animista o ateo, deve accettare le norme di comportamento e del comune sentire, altrimenti il bagno va a farselo a casa sua». Infatti quella donna, in piscina, non si è più vista.
Anche per il portavoce del Consiglio islamico di Verona, Mohamed Guerfi, è la donna in burquini che «ha sbagliato (...). Se c’è una regola che vieta di fare il bagno con i vestiti va rispettata».
Togliendosi i vestiti o rinunciando a fare il bagno?

In tema di moda non si può non citare Gianluca Buonanno, il sindaco di Varallo Sesia che abbiamo già conosciuto nella cartolina FASHION VICTIMS/1: nell'agosto 2009 aveva posto per chi indossi il burquini la stessa sanzione adottata poi per il niqab, i soliti 500 euro. Anche in questo caso è evidente la sua preoccupazione per la sicurezza: «La vista di una "donna mascherata" potrebbe creare turbamento, soprattutto tra i più piccoli», ha spiegato. Le suore di Varallo sono avvertite.


Comunque, care mamme, per l'estate che viene noi Intolleranti abbiamo stilato un ventaglio di possibili risposte per soddisfare la curiosità dei vostri figli e aiutarvi a prevenire i gravi traumi provocati dalla vista di una donna in burquini.


D:
Mamma perché quella signora è vestita così?

R:
(sportiva) E' un'istruttrice di sub.
(plastica) Forse si copre perché le è venuta male la liposuzione.

(supereroica) Non è una signora, è Cat Woman.

(computometrica) Non lo so, ma se al centimetro quadrato il suo costume costa come il mio, dev'essere molto ricca.

(banale) Perché nel Paese da dove viene ci si veste così.


F.V.

(la cartolina nell'illustrazione è in vendita su
http://www.zazzle.co.uk/verona_where_love_flows_postcard 239084130278753290)

martedì 11 maggio 2010

BACI DA BOLZANO














In sette ci si sono messi a pestarlo, per fargli capire bene cosa vuol dire essere uomini veri: così imparava a baciare il suo fidanzato in pubblico.
E' successo a Simone Giovannini, 23 anni.
La notte dell'11 maggio, dopo una festa in discoteca, lui e il suo compagno Simone Rossi si sono fermati a un chiosco davanti al “Soul Kitchen”, e, scesi dall'auto, si sono scambiati un bacio sulle labbra. Si è avvicinato un giovane che li ha insultati per la loro omosessualità: Simone gli ha chiesto di lasciarli in pace, ma lui è passato alle spinte e quindi ha chiamato gli amici: sei o sette amici. Insieme hanno buttato a terra Simone e l'hanno preso a calci e botte; per unire l'utile al dilettevole gli hanno anche strappato via una decina di orecchini e rubato occhiali da sole, portafogli e cellulare. Il titolare del chiosco ha chiamato il 113, e prima dell'arrivo della polizia i picchiatori sono scappati in auto. Rossi ha fatto in tempo a prendere le targhe.
I poliziotti hanno consigliato al ragazzo di andare a farsi medicare in ospedale e là sporgere querela, visto che, pur coperto di sangue, si reggeva in piedi da solo.
Le botte hanno procurato a Simone un serio trauma cranico; frattura multipla del braccio sinistro; contusioni e ferite assortite.

F.V. (e grazie a Rita)

venerdì 7 maggio 2010

FASHION VICTIMS / 1 : CARTOLINA DA NOVARA











Da qualche giorno Novara, città già rinomata per il riso, il gorgonzola, il biscotto pavesino e il Bar dell’Amicizia in cui nacque il Campari, è Capitale del Burqa. Lo apprendiamo per merito di Massimo Giordano, primo cittadino e neoassessore allo Sviluppo nella neonata Giunta regionale Cota.

Lo scorso autunno Giordano, durante il suo turno di ronda per andare a comprare il pane, aveva individuato una donna coperta da un velo lungo fino ai piedi: burqa, niqab, che importa? Quella roba lì. Immantinente, chiamava le Forze dell’Ordine per rimuoverlo dal selciato suo e dei suoi concittadini. Scoprendo delle imperdonabili falle nella legge italiana in materia di sicurezza: per esempio, non puoi rimuovere quello che c’è sotto. Fedele al suo spirito di servizio, ha emanato immediatamente l’ordinanza d’ordinanza, con cui si vieta di entrare in luoghi e uffici pubblici a volto coperto.

Così, una donna tunisina che il 3 maggio scorso, in compagnia del marito, ha avuto la (s)ventura di entrare e uscire da un ufficio postale di Novara si è vista comminare la giusta sanzione di 500 euro per aver indossato il velo integrale.

Meno male che adesso in Piemonte ci sono i sindaci della Lega, viene da dire: almeno qualcuno fa le leggi e poi le fa applicare. E poi c’è sempre il fatto che, insomma, non è esattamente come vedere un cappotto maròn o un giacchino di gabardin: "Ho firmato il provvedimento per ragioni di sicurezza ma anche per far sì che chi viene a vivere nelle nostre città rispetti le nostre tradizioni", ha chiarito il sindaco. Dopo Novara, anche altri comuni si sono accodati al trend. Hanno battuto sul tempo anche belgi e francesi – anche se là, va detto, la questione è un tantino più complessa.

Del resto, quando c’è un’emergenza sicurezza, mica si può star lì a parlare di mediatori culturali e condizione femminile. In Francia, su 5 milioni di musulmani, si stima che siano circa 2 mila le donne che usano il niqab. Chissà a che punto è arrivata l’invasione dei Mori, se si è resa necessaria un’ordinanza comunale per arginare il fenomeno in centri come Cossato, o Varallo Sesia. Neanche nei Poemi Carolingi s’era alle prese con simili eserciti. Mica poteva bastare la legge italiana del 22 maggio del 1975, che vieta di presentarsi a volto coperto, per esempio da un casco integrale, nei luoghi pubblici. La legge padana è certo più utile: specie se viene applicata, come dimostra l'esperimento della consigliera del PD Sara Paladini e in ogni caso la nostra comune esperienza, alle sole donne con velo non omologato. E dato che, come dice il sindaco al Corriere, lo spirito non può essere altro che quello di aiutare l’integrazione, dobbiamo proprio rassegnarci all’immagine del califfato di Novara ormai popolata di fantasmini azzurro cielo, come nei tristi e polverosi scenari di Kabul.

A.B.

(immagine dalla Rete)

mercoledì 5 maggio 2010

A MILANO SIAMO TROPPO AVANTI
















Niente da fare: Milano, la grande Milano, capitale del fare e dello sfilare,
è sempre un passo avanti. Anzi, per esser precisi, un passo dell’oca avanti a tutti. È che essere nazichic ormai è di tendenza: sarà il nero, sarà il look rasato e palestrato, sarà che, nel dubbio, meglio così che finire fighetti del Pdl o del Pd.

Mille tra ragazzotti e trentenni fascio nazi si presentano a porta Susa per ricordare le morti di Sergio Ramelli ed Enrico Pedenovi, militanti di destra uccisi negli Anni di Piombo, e di Carlo Borsani, repubblichino ucciso dai partigiani. E sfilano per Milano. A passo militare. Coi tamburi, per dire. Con le bandiere nere rosse e bianche con la croce uncinata. Cantando cori fascisti. Inneggiando al Ventennio. Autorizzati. Indisturbati.

Mille camerati: proprio così li chiama La Repubblica, e senza traccia di ironia. Duecento o poco più secondo la gente del quartiere, che incurante della solennità del momento cantava Bella Ciao. Ottocento secondo la Questura, che per una volta, stranamente, si avvicina alle cifre degli organizzatori. E uno si chiede: ma allora c’era, la Questura? No, perché ci sarebbe in sospeso quella faccenda dei reati di apologia del fascismo e tentata ricostruzione di partito fascista. Forse, data la presenza del consigliere provinciale del Pdl, Roberta Capotosti, i poliziotti hanno pensato che non facessero niente di male. Chissà che ne pensa la Milano Medaglia d’Oro della Resistenza. Ma via, avrà pensato la città del fare, basta conflitti. Ri-con-ci-lia-zione. Questa la parola d’ordine. Destra, sinistra. Partigiani, repubblichini: cosa cambia? Siamo tutti milanesi, via!

La Repubblica Sociale Italiana sceglieva i nazisti e la dominazione al posto della Liberazione? Inneggiava alle leggi fasciste, tra cui quelle sulla Difesa della Razza? Quelle che nel 1938 esclusero gli italiani “di razza ebraica” dall’esercizio delle professioni, dalla scuola, dalle università, dalle pubbliche amministrazioni; che ne limitarono il diritto di proprietà e ne confiscarono i beni; che poi portarono alla morte, nei campi di concentramento, oltre 7.000 uomini, donne e bambini italiani (ma ebrei)?

Ma via, era tanto tempo fa! Anzi, che diamine: è Storia. E la Storia sa di muffa. Mica abbiamo tempo di impararla, a Milano. A Milano si lavora, si pensa al futuro. Dev’essere per questo che, a furia di essere avanti, hanno fatto il giro. E ripetono le stesse cose.

A.B.

(immagine dal web)

giovedì 29 aprile 2010

SIGNORE E SIGNORI... CARTOLINA DA TREVISO












Per questa prima cartolina prendiamo a prestito il titolo del film di Pietro Germi, ambientato proprio a Treviso: infatti se pur la pellicola è del 1966, il fascino e la vitalità della città sono ancora immutati.
I caratteristici canali lambiscono splendide ville, chiese e portici ombrosi , ma anche vivaci piazze ricche di botteghe e animati locali pubblici. Ed è proprio in questi bar, caffé, osterie, ristoranti che, oltre al celebre Prosecco, si può degustare la calorosa ospitalità trevigiana.

Riporta il quotidiano La Tribuna, ad esempio, che solo pochi giorni fa, in un noto locale del centro storico, un gruppo di allegri avventori e avventrici, dopo aver individuato tra la clientela una ragazza di colore più scuro del proprio, hanno intonato cori da stadio in cui si proponevano di candeggiarla. La ragazza e i suoi amici, evidentemente gente di poco spirito, se ne sono andati. Ci rammarichiamo che il quotidiano non sveli, nell'articolo, il nome del “noto” locale: perchè privarci della possibilità di ripetere una così gradevole esperienza? Probabilmente ciò si deve alla modestia del proprietario, anch'esso innominato, che infatti minimizza l'accaduto. Ma con un po' di fortuna, passeggiando tra le vie del centro, riuscirete a individuarlo da soli: basta cercare le svastiche disegnate all'esterno dai candeggiatori.

Se invece siete non vedenti potete andare a colpo sicuro da Biffi, in Piazza dei Signori, come la signora V.C.: un bel giorno di febbraio entra nel rinomato caffé con tre colleghe e il suo cane guida, Mayla. Il titolare Marco Vitale, però, si mette a questionare: non vuole che il cane entri nella saletta, perchè potrebbe rovinare il pavimento. Insomma, va bene i ciechi, però un occhio di riguardo anche per il parquet, o no?

Per chi ha figli con sindrome di down, invece, ci dispiace, ma è tardi. Se avessero trascorso una serata nella Pizzeria Sant'Agostino qualche tempo fa, come il signor Luca e la sua famiglia, avrebbero potuto sentirsi dire da un vicino di tavolo: “Chi ha dei figli mongoli farebbe meglio a restarsene a casa”. Bei tempi! Peccato che in seguito il titolare della pizzeria, venuto a conoscenza dell'episodio, ha deciso di ingaggiare come camerieri per una sera proprio tre ragazzi down. Un po' mongolo anche lui, sto titolare, insomma.


In una città che si dà tanto da fare, duole invero chiudere con una nota negativa, ma onestà impone di segnalare che il turista che si avventurasse oggi tra le strade di Treviso non potrebbe godere dell'attrazione principale, quella che tutta Italia invidia alla cittadina veneta. Infatti l'ex sindaco Gentilini, lo Sceriffo, è colpito da una condanna del Tribunale di Venezia che gli proibisce di tenere discorsi pubblici in quanto riconosciuto colpevole di istigazione all'odio razziale. Insomma dovrete aspettare ottobre 2012 per sentire di nuovo la sua voce risuonare tra portici e canali, e incitare concittadini e visitatori a vestire gli immigrati “da leprotti e fare pim pim col fucile”.

F.V.