domenica 23 maggio 2010

Un calcio in faccia da Torino

C’è chi nell’aristocratica Torino sfugge all’odioso stereotipo del piemontese falso e cortese. Sono anzi piuttosto diretti, e in effetti un poco rudi, gli ultrà della curva della Juventus, a cui un nuovo e curioso rito tra tifo e vodoo impone di saltellare per porre fine alla (pur breve) esistenza di un calciatore avversario.

Razzismo? No, a sentire l’ex allenatore Ciro Ferrara. Infatti il problema non è che Mario Balotelli, l’impetuoso talento protagonista del recente scambio di insulti con Francesco Totti – episodio che ha spettinato persino la flemma del Presidente della Repubblica – è nero, ma che è interista.
Ora: gliela avremmo data anche per buona, considerando l’attenuante d’aver subito per anni cori razzisti antinapoletani. Il problema è che l’insulto a sfondo razzista non cessa di essere razzista perché è un insulto, e insulto detto nella curva di uno stadio.
E comunque pare difficile credere che non sia a sfondo razzista il coro, certo non un’invenzione né un’esclusiva bianconera, che modula più o meno: “Non esistono neri italiani”.

Come Balotelli, altri calciatori hanno subito lo stesso trattamento: dall’insulto ai versi di scimmia, fino alla fine del campionato. La società, carica di multe e (si spera) di vergogna, ha tentato da un lato di minimizzare e dall’altro ha puntato sulle proprie iniziative di social marketing, come quella, comunque encomiabile, condotta per l’Unesco.

Sarà l’anno particolare della Juventus, sarà che gli ultrà non usano sottilizzare sull’aspetto socioculturale dell’insulto o dello striscione (in trasferta a Bari è comparso anche il poco originale: “25 aprile festa degli infami”), sta di fatto che persino gli juventini Momo Sissoko e Jonathan Zebina sono incorsi nell’invettiva anti-coloured.

Detto e premesso che non è certo richiesto alle curve di somigliare alla Camera dei Lord, in un mondo sportivo in cui i tifosi considerano l’avversario un nemico da abbattere o tifano addirittura platealmente per gli avversari (fino a minacciarti se non perdi, pare), c’è qualcosa che non può essere considerato tollerabile. Come se lo stadio fosse una realtà extra territoriale.

Magari avrà anche ragione chi dice che la razza o il colore sono solo pretesti. Ma allora, la razza da annientare qual è, quella del perdente?

A.B.

Immagine dalla Rete.

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