martedì 22 giugno 2010

SE SEI BELLO TI TIRANO LE PIETRE

Capita a Roma caput mundi, che un ragazzino autistico sia costretto a subire angherie, soprusi e violenze. A scuola, non per strada. Non vittima del bullismo, bensì dell’insegnante, che per tenerlo calmo gli lanciava il banco contro, che per non farlo muovere gli si sedeva sulle ginocchia.

Già, l’autismo. Quello interpretato da Dustin Hoffman in Rain Man e quello raccontato da Mark Haddon ne Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte. Ma anche quello che rende impossibile comunicare con il tuo vicino di banco, che impedisce a un ragazzino di rincorrere il pallone e i suoi amici, che rende odiosa e faticosissima per un’insegnante la gestione di una classe elementare, che subordina l’interazione a una serie di riti e a una routine apparentemente senza senso. Quella brutta bestia lì.

Capita che nella Babele dei linguaggi occorra conoscere più lingue, per entrare in relazione con tutte le persone; e non dimenticare che una relazione può anche essere silenziosa. In fin dei conti, se tu non sai “stare” in classe e io non so tollerare che in classe non ci sai stare, abbiamo entrambi un limite che coincide con il nostro punto di incontro e che diventa un problema nella lingua franca dello stare insieme.

Troppo facile criticare la riforma della scuola, la Gelmini, il basso livello delle offerte formative (per chi, domani, dovrà formare a sua volta) e i tagli economici. Un'attenuante, forse, ma non certo un alibi. L’alibi non farebbe che rinforzare lo stigma contro cui il pensiero del fare assieme si batte, quello che ti fa allontanare il diverso, anche se ha 8 anni, quello che non ti fa entrare in relazione con lui, quello che copre di silenzio assordante e costringe alla marginalità. Quello che lascia un’insegnante senza strumenti per gestire le fatiche, l’impreparazione, le frustrazioni di una “comunicazione a senso unico”.

Capita altrove, invece, che pazienti psichiatrici e persone con disagio psichico facciano i volontari per assistere disabilli, crescendo insieme e aiutandosi, ognuno con la propria lingua, imbastardita dai termini di una relazione che sembrava impossibile.

L.C.

Immagine dalla Rete.

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